Articolo degli avvocati Benedetta Mazziotti e Riccardo Paparella
Si segnala una interessante sentenza del Consiglio di Stato (la n.2274/2022 pubblicata in data 28 marzo 2022), quale contributo al corretto inquadramento dell’istituto del recesso del committente pubblico da un contratto d’appalto.
In caso di contestazione della legittimità del recesso della P.A. da un contratto di appalto, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, ciò anche nell’ipotesi in cui la scelta di recedere consegua (o avrebbe dovuto conseguire) alla corretta valutazione dell’interesse pubblico da perseguire.
Al riguardo il Consiglio di Stato ha precisato che il recesso da un contratto d’appalto da parte del committente pubblico ha natura privatistica, poiché l’Amministrazione, in tale ipotesi, si declina come “contraente” e non come “Autorità”.
Questi i passaggi salienti della pronuncia del Consiglio di Stato: “… il recesso si configura come un potere privatistico e i motivi, anche qualora formati ed elaborati in un contesto procedimentalizzato e partecipativo attingendo dall’architettura fornita dalla legge generale sul procedimento amministrativo, come è nel caso di specie, non assumono il rilievo pubblicistico teorizzato dall’appellante.3.8. Il fatto che, sul versante interno, sia stato adottato il modulo procedimentale per giungere ad una decisione ponderata non muta il dato di fondo e cioè che il procedimento resta pur sempre servente e funzionale all’esercizio di una facoltà privatistica generata all’interno di un rapporto paritetico scandito dal binomio diritto/obbligo e non già riconducibile all’adozione di provvedimento amministrativo autoritativo adottato nell’esercizio di una potestà pubblica, nella specie qui per definizione assente.4.Pertanto, il TAR ha correttamente declinato la giurisdizione, perché una volta perfezionato il contratto, nel quale è stata pattuita e accettata la clausola del recesso, il potere esercitato dall’amministrazione di recedere si configura come esercizio di una potestà privatistica il cui sindacato giurisdizionale appartiene al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi.” .(Sent. Cons. di Stato 2274/2022)
La facoltà di recesso da parte del committente privato (art.1671 del codice civile), traslata nell’ambito delle commesse pubbliche e riferita al committente pubblico, non cambia la natura del presupposto alla base del recesso, che si sostanzia, in entrambi i casi, in una rinnovata valutazione di opportunità a cui il legislatore connette la facoltà di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale.
Il Consiglio di Stato, rammentando e rinviando a proprie precedenti pronunce, ha ribadito che nell’ipotesi in cui l’amministrazione, stipulato il contratto di appalto, rinvenga sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non può utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma deve esercitare il diritto potestativo regolato del recesso.
A nulla rileva la circostanza che la valutazione di opportunità a base del recesso sia connessa al perseguimento dell’interesse pubblico e non si può, per ciò solo, riqualificare come interesse legittimo la situazione soggettiva riconducibile al privato che ne viene eventualmente leso.
Invero nella fase successiva alla stipula del contratto, l’esercizio del diritto potestativo di recedere dall’appalto mantiene la sua connotazione privatistica; laddove, si ripete, l’amministrazione diventa «contraente» e cessa di essere «autorità»
Quindi, il recesso si configura come un potere privatistico e i motivi, anche qualora formati ed elaborati in un contesto procedimentalizzato e partecipativo, non assumono il rilievo pubblicistico.
Si radica pertanto la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi.