Articolo dell’avvocato Valentina Giordano
Le norme in materia di trattamento dei dati personali per finalità giornalistiche individuano alcuni parametri entro cui assicurare il rispetto di diritti e libertà fondamentali protetti dall’art. 2 della Costituzione, quali la riservatezza, l’identità personale e il “nuovo” ed importante diritto alla protezione dei dati personali, senza pregiudicare la libertà di informazione che è tutelata anch’essa sul piano delle garanzie costituzionali.
La scelta di non introdurre regole rigide in materia, bensì di limitarsi ad indicare espressamente solo alcuni presupposti – scelta sostenuta dall’Ordine dei giornalisti e condivisa dal Garante per la protezione dei dati personali al momento della stesura del Codice deontologico – si è basata su due ordini di considerazioni.
Da una parte, la molteplicità e la varietà delle vicende di cronaca e dei soggetti che ne sono coinvolti non consentono di stabilire a priori e in maniera categorica quali dati possono essere raccolti e poi diffusi nel riferire su singoli fatti: un medesimo dato può essere legittimamente pubblicato in un determinato contesto e non invece in un altro.
Dall’altra, una codificazione minuziosa di regole in questo ambito risulterebbe inopportuna in un contesto nel quale sono assai differenziate le situazioni nelle quali occorre valutare nozioni generali dai confini non sempre immutati nel tempo (essenzialità dell’informazione, interesse pubblico, ecc.) e valorizzare al contempo l’autonomia e la responsabilità del giornalista.
Alla luce di tali considerazioni, il bilanciamento tra i diritti e le libertà di cui sopra resta, in sostanza, affidato in prima battuta al giornalista il quale, in base a una propria valutazione (che può essere sindacata ex ante ed ex post con ricadute differenti) acquisisce, seleziona e pubblica i dati utili ad informare la collettività su fatti di rilevanza generale, esprimendosi nella cornice della normativa vigente – in particolare, del Codice deontologico – e assumendosi la responsabilità del proprio operato.
Il giornalista valuta, dapprima, quando una notizia riveste effettivamente un rilevante interesse pubblico e, successivamente, quali particolari relativi a tale notizia sia essenziale diffondere al fine di svolgere la funzione informativa.
La diffusione di un determinato dato può essere ritenuta necessaria quando la sua conoscenza da parte del pubblico trova giustificazione nell’originalità dei fatti narrati, nel modo in cui gli stessi si sono svolti e nella particolarità dei soggetti che in essi sono coinvolti.
Quando non si ravvisa tale necessità oppure quando vi siano specifiche limitazioni di legge alla divulgazione di informazioni spesso connesse a determinati fatti di cronaca, il giornalista può comunque riferire di questi ultimi prediligendo soluzioni che tutelino la riservatezza degli interessati (ricorrendo ad esempio all’uso di iniziali, di nomi di fantasia e così via).
Va tuttavia evidenziato come, in taluni casi, la semplice omissione delle generalità delle persone non basta di per sé ad escludere l’identificazione delle medesime: quest’ultima, infatti, può realizzarsi attraverso la combinazione di più informazioni concernenti la persona (l’età, la professione, il luogo di lavoro, l’indirizzo dell’abitazione, ecc.).
Nell’epoca della rincorsa alla notizia, della condivisione istantanea, della comunicazione, dei like e delle fake news, appare quindi evidente come la figura professionale del giornalista riveste sempre maggiore importanza. Allo stesso è demandata, sulla base dei principi deontologici fondanti la professione e delle regole deontologiche sviluppate dal Garante della Privacy, la responsabilità di fornire al lettore una versione quanto più oggettiva e rispondente al vero di ciò che accade nel mondo, tramite l’utilizzo di fonti attendibili.
Il giornalista deve porre la propria attenzione al modo in cui racconta una notizia, evitando di ledere la dignità e la sfera privata delle persone coinvolte, nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network.