Articolo dell’Avv. Stefano Paparella
L’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie è stato introdotto nel 2017 con lo scopo di agevolare la risoluzione extraprocessuale di vicende penali e deflazionare il carico dei procedimenti. La causa estintiva di cui all’art. 162 ter c.p. infatti è stata concepita proprio per i reati che incidono esclusivamente su interessi privati. L’entrata in vigore della riforma Cartabia ha valorizzato ulteriormente l’istituto in ragione della modifica dell’art 152 c.p. che ha previsto una nuova ipotesi di remissione tacita della querela allorché “il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo”. Pertanto in ragione dell‘estensione della procedibilità a querela a numerose fattispecie di reato la possibilità di intraprendere condotte riparatorie ex art. 162 ter c.p. è stata ulteriormente valorizzata.
In tale ottica vengono così incentivate, rispetto a determinati reati di non particolare gravità e caratterizzati da conflittualità interpersonale, quali quelli contro la persona e contro il patrimonio, iniziative risarcitorie o comunque condotte riparatorie tese ad eliminare ove possibile le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Orbene fatta questa doverosa premessa sulla portata di tale istituto si di recente la Corte di Cassazione, Sez. II , 11 Maggio 2023 n° 20210, si è pronunciata ribadendo quanto già affermato (cfr. Cass. Pen., Sez. IV, Sentenza 1 febbraio 2023 n. 4182) in merito al suo carattere personale che esplica i suoi effetti soltanto nei confronti di chi abbia eseguito condotte riparatorie. La causa di estinzione infatti opera solo in favore di chi ripari le conseguenze negative delle proprie azioni e pertanto non si estende ad ulteriori soggetti chiamati a rispondere dello stesso addebito, confermando quanto si evince dal tenore dell’art. 182 c.p. il quale prevede: “Salvo che la legge disponga altrimenti, l’estinzione del reato o della pena ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce”.
La Corte di cassazione ha ribadito infatti come l’istituto in questione abbia natura inequivocabilmente premiale in quanto il legislatore ha inteso privilegiare non il concreto soddisfacimento degli interessi della persona offesa dal reato ma piuttosto l’aspetto psicologico e volontaristico della riparazione, tanto che l’esegesi giurisprudenziale considera requisito imprescindibile dell’operatività della causa estintiva la spontaneità della riparazione. In quest’ottica, secondo i giudici di legittimità, la causa estintiva, il cui perimetro applicativo riguarda i soli reati che incidono su interessi privati, ha natura schiettamente soggettiva il che significa che opera esclusivamente “a favore di chi voglia sottrarsi rapidamente al circuito penale, riparando le conseguenze negative delle proprie azioni, o omissioni e dando mostra in qualche modo di un comportamento sintomatico di ravvedimento e di minore pericolosità sociale”.
La Suprema Corte in tale ottica ha evidenziato come il legislatore del 2017, per il nuovo istituto (di natura inequivocabilmente premiale), si sia ispirato dunque alla circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen. nonché alla struttura procedimentale delineata nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace dall’art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che disciplina l’analogo meccanismo estintivo per intervenuta riparazione del danno. Nello specifico la giurisprudenza in merito all’attenuante del risarcimento del danno è netta nell’affermare che, quando il danno sia stato cagionato da più persone concorrenti nel reato, la circostanza non può essere riconosciuta al singolo che non abbia contribuito all’adempimento. Di contro qualora uno solo dei còrrei abbia provveduto, in modo integrale, al risarcimento stesso, l’altro concorrente, per fruire della menzionata attenuante, deve quantomeno dimostrare la sua concreta e tempestiva volontà di riparazione del danno cagionato, non più direttamente verso la parte lesa — ormai priva di titolo a ricevere altro – ma indirettamente, provando di avere rimborsato al complice più diligente la propria quota, prima del giudizio (cfr. Sez. 1, n. 4177 del 27/10/2003. Cfr. Sez. U, n. 5941 del 22/01/2009). In altri termini ove un solo concorrente abbia provveduto all’integrale risarcimento del danno, la relativa circostanza attenuante non si estende ai compartecipi, a meno che essi non manifestino una concreta e tempestiva volontà di riparazione del danno.
In conclusione non può essere ragionevolmente posta in discussione la natura soggettiva della causa estintiva di cui all’art. 162-ter c.p., che opera in favore di chi ripari le conseguenze negative delle proprie azioni od omissioni dando mostra in qualche modo di un comportamento sintomatico di ravvedimento e di minore pericolosità sociale.