Articolo del Dott. Nicola Iuorno
La donazione, ex art. 769 c.c., è il contratto col quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
Lo spirito di liberalità, pertanto, può dirsi presente quando il disponente, nella consapevolezza di non esservi tenuto, vuole arricchire il beneficiario con conseguente depauperamento del proprio patrimonio.
La donazione, ai sensi dell’art. 782 c.c., richiede la forma ad substantiam dell’atto pubblico e l’accettazione può essere fatta nel medesimo atto pubblico o in uno successivo.
In quest’ultimo caso la donazione si perfeziona quando l’atto di accettazione viene notificato al donante, fino a tale momento, sia il donante che il donatario possono revocare la propria dichiarazione.
Se ciò è vero è altrettanto vero che per l’art. 783 c.c. la donazione di modico valore che ha per oggetto beni mobili è valida anche in assenza di un atto pubblico, purché vi sia stata traditio ovvero la trasmissione del bene mobile oggetto della donazione.
Accanto al modello della donazione “formale”, il codice prevede anche la possibilità di realizzare atti di liberalità diversi da tale modello. Si tratta delle cosiddette liberalità indirette le quali, mediante strumenti giuridici diversi dal contratto di donazione, pervengono al medesimo risultato ossia impoverire il patrimonio del dante causa a fronte dell’arricchimento del patrimonio dell’avente causa.
In caso di donazione indiretta, la disciplina applicabile sarà quella propria del negozio utilizzato e non quella della donazione.
Ciò nonostante, ai sensi dell’art. 809 c.c., le donazioni indirette sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d’ingratitudine (art. 801 c.c.), per sopravvenienza dei figli (art. 803 c.c.) nonché in caso di lesione della quota dei legittimari (art. 553 c.c. ss).
Ne discende che la disciplina della revocazione è una disciplina di ordine pubblico, in quanto volta alla tutela di interessi generali, e pertanto, il legislatore esclude la validità di una rinuncia preventiva alla facoltà di revocare la donazione.
Gli effetti della revocazione, inoltre, operano retroattivamente, ma non in pregiudizio dei diritti acquistati da terzi anteriormente alla trascrizione della domanda di revoca.
La revocazione per ingratitudine opera solo nei casi in cui il donatario abbia posto in essere comportamenti lesivi del decoro e dell’onore del donante o pregiudizievoli per patrimonio di quest’ultimo.
In giurisprudenza sono stati affrontati diversi casi dai quali è possibile delineare le caratteristiche che deve assumere il comportamento ingiurioso per poter integrare l’anzidetta lesione del decoro o la profonda disistima nei confronti del donante.
L’adulterio è stato uno dei comportamenti su cui la giurisprudenza, più frequentemente, si è pronunciata.
Infatti la Cassazione, già con sentenza n. 24965 del 10 ottobre 2018, ha affermato il principio secondo il quale:<< il comportamento del donatario va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario. Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale. La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante>>.
La Cassazione più recente, facendo corretta applicazione di tale principio ha tuttavia chiarito che non basta:<< ad integrare tale ingiuria la mera relazione extraconiugale, ma ha ritenuto – con valutazioni non manifestatamente implausibili che non si presta a essere sindacata in sede di legittimità – che le circostanze che l’adulterio fosse maturato all’interno del nucleo familiare ristretto dei coniugi e il fatto che si fosse sviluppato nella cornice di un comune ambiente lavorativo valessero a connotare in termini di gravità l’offesa all’onere patita dal donante e ad evidenziare, nel donatario un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto nei confronti della dignità del coniuge tradito>>.(Cass. Civile Ord. N. 19816 del 20.6.2022).
Da tanto consegue che il comportamento tenuto dal donatario, ai fini della configurabilità della grave ingiuria necessaria per chiedere la revocazione per ingratitudine, deve essere indirizzato a ridicolizzare e ad offendere la persona del donante senza alcun ritegno. Un simile atteggiamento, infatti, collide con il senso di rispetto e di riconoscenza che il donatario dovrebbe provare nei confronti del donante.