Articolo dell’avvocato Stefano Paparella
Le sanzioni sostitutive possono essere disposte in luogo di una pena detentiva breve così come previsto dal capo III della legge sulla depenalizzazione la n°689/1981. Nel nostro ordinamento fino ad oggi la loro applicazione non è mai stata significativa. Con la riforma Cartabia il legislatore in ottica di un più ampio progetto di riforma della giustizia penale, nel tentativo di rinnovare il sistema sanzionatorio, ha abrogato le sanzioni della semidetenzione e della libertà controllata ed ha introdotto, accanto alla pena pecuniaria, la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva ed i lavori di pubblica utilità sostitutivi. L’introduzione di queste nuove sanzioni è stata accompagnata dall’aumento del limite di pena entro il quale è consentita la sostituzione delle pene detentive. La finalità di poter incidere sul sistema penitenziario in modo significativo è data dall’estensione del potere dato al giudice già nella fase di cognizione di poter scegliere nel ventaglio delle sanzioni disponibili quella più idonea al reinserimento sociale del condannato (art. 58 l. n. 689/1981), anticipando quella che fino ad oggi era una valutazione rimessa soltanto nella successiva fase esecutiva. Pertanto, attraverso la codificazione e ridefinizione del sistema delle sanzioni sostitutive, finora disciplinato esclusivamente dalla Legge speciale n. 689/1981, il legislatore mira a favorirne l’applicazione da parte del giudice della cognizione, a fini di una deflazione processuale e penitenziaria. L’ampliamento dei limiti di applicabilità alle pene detentive fino a quattro anni di reclusione, unitamente alla ridefinizione della tipologia di sanzioni (detenzione domiciliare e semilibertà, mutuate dal novero delle misure alternative alla detenzione, lavori di pubblica utilità, introdotti in via generalizzata per tutte le tipologie di reati, e pene pecuniarie) mirano ad incentivare la scelta di riti alternativi, e, in particolare, del patteggiamento, con applicazione delle pene sostitutive già in sede di cognizione. Ne dovrebbe conseguire l’alleggerimento del carico della magistratura di sorveglianza, e, sul versante penitenziario, la riduzione del sovraffollamento carcerario, evitando l’ingresso in carcere dei condannati, con incentivazione di misure volte alla risocializzazione del condannato. Con l’attuale riforma infatti il giudice della cognizione può irrogare, con sentenza di condanna o di applicazione della pena: 1) la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni; 2) il lavoro di pubblica utilità sostitutivo in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni; 3) la pena pecuniaria sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno.
Ebbene la principale innovazione, accanto al nomen iuris (non più “sanzioni” ma “pene” sostitutive), consiste proprio nell’estensione dei limiti di pena che ammettono la sostituzione, aumentati sino a quattro gli anni e con una gradazione delle sanzioni applicabili in base all’entità della pena. Il progetto di anticipare le misure alternative nella fase di cognizione era stato già messo in agenda dal legislatore con il “ddl Carotti” ma già allora erano state evidenziate delle criticità che, allo stato, sembrano prospettabili. Pertanto è doveroso rilevare come sia difficile, infatti, immaginare una qualunque alternativa ad una pena detentiva che non si fondi su una serie di informazioni, le più ampie possibili, sulla persona condannata, sulla sua vita precedente o successiva al reato, secondo quanto previsto dall’art. 133 c.p.. Nell’attuazione della riforma si dovrà fare i conti con il notevole lasso temporale che di solito intercorre tra il momento della comminazione della pena sostitutiva e il momento dell’esecuzione della stessa una volta che la sentenza sarà divenuta irrevocabile.
Appare indispensabile il potenziamento degli Uffici per l’esecuzione penale esterna, le cui piante organiche allo stato attuale sono inadeguate. Ad ogni modo è doveroso evidenziare che la potenzialità delle nuove pene sostitutive, la cui concreta applicazione dovrà sarà ancora sperimentata, potrà determinare l’applicazione di pene alternative effettive ed efficaci che nell’interesse della collettività possono assicurare il reinserimento sociale e l’abbattimento dei tassi di recidiva.