Articolo dell’avvocato Valentina Giordano
Sono passati tre anni dall’inizio della pandemia da covid-19, che ha travolto e stravolto il mondo intero e il modo di lavorare di interi settori. Oggi, a distanza di pochi anni, possiamo affermare che crisi, pandemia, guerra e clima sono le tematiche che affliggono la nostra quotidianità, aspetti interconnessi ai quali si guarda con occhio attento nel mondo dell’imprenditoria.
La ripresa richiede innanzitutto un confronto con i problemi irrisolti ed evidenzia, nel difficile bilanciamento tra salute ed economia, la rilevanza di molteplici temi, quali la sicurezza nei luoghi di lavoro, la garanzia delle condizioni igienico-sanitarie, il sostegno alle persone ed imprese in difficoltà, l’inclusione di genere, il bilanciamento tra intervento pubblico e mercato nella risposta alla crisi, e forse, nonostante la drammaticità del momento, offre l’occasione per una nuova riflessione che orienti le azioni future.
Ed ecco che un tema che attraversa il dibattito politico, economico e sociale è quello della “sostenibilità”, legato all’affermarsi nella considerazione globale della classe politica, delle società e degli investitori, dei cd. fattori ESG (Enviromental, Social, Governance), considerati centrali addirittura per la sopravvivenza dello stesso pianeta.
Esso riguarda innanzitutto lo svolgimento delle attività economiche e l’impatto da queste esercitato sull’ambiente e sulle molteplici relazioni dalle stesse create, ponendo al centro dell’analisi l’impresa.
Il tema invoca la centralità del diritto, chiamato a pronunciarsi sui modelli attraverso i quali si svolge l’attività di impresa e su possibili nuove responsabilità della stessa.
In una visione concreta, tale prospettiva evidenzia gli stretti legami tra i modelli di governance dell’impresa, gli interessi che essa è chiamata a soddisfare, lo scenario di breve o medio-lungo periodo, le responsabilità che dall’impresa e nell’impresa possono nascere.
Il problema emergente diviene quindi il rapporto tra i fattori ESG e la responsabilità dell’impresa poiché ci si interroga per capire se questa responsabilità (fino ad ora declinata solo come responsabilità dei soci) possa oggi ricomprendere anche il superiore “interesse sociale” ovvero la tutela del bene comune per la collettività.
Dal punto di vista giuridico, il problema della sostenibilità ripropone l’urgenza di questioni tradizionali tra loro correlate, come l’interesse sociale nella prospettiva dei soci e degli amministratori, i doveri fiduciari in capo agli amministratori e la responsabilità “sociale” dell’impresa. Il dibattito tra contrattualismo ed istituzionalismo, tra shareholder e stakeholder, è antico per il diritto societario, tuttavia, è doveroso che tali argomenti si confrontino anche con la moderna tematica del climite change, comprendendo che (forse) siamo giunto al momento di una svolta in tal senso.
Il tema della sostenibilità è divenuto mainstream (dominante) tanto è vero che il giurista americano Martin Lipton (già in occasione dell’International Business Council of the World Economic Forum del 2 settembre 2016) lo definì come “the new paradigm” a cui le imprese e la collettività devono tendere, favorendo una visione di impresa elastica.
Appare quindi evidente che i dati sul cambiamento climatico ci obbligano a interrogarci su quale dovrà essere il modello di impresa nel futuro poiché è necessario porre al centro dell’approccio di investimento la sostenibilità al fine di favorire la transazione energetica prevista dai Trattati Internazionali.
Gli eventi che ci circondano ci fanno comprendere che il tempo è quasi finito e che la sfida è oggi, non si può rimandare ancora perché il futuro è qui ed ora: è giunto il momento per le imprese di passare dalla “prospettiva del profitto” alla “prospettiva della sostenibilità” per creare soluzioni ai problemi della collettività e del pianeta, perché senza il pianeta non potrà mai realizzarsi il profitto.