Articolo del Dott. Nicola Iuorno
L’istituto peritale, nel passaggio dal Codice di procedura civile del 1865 al codice vigente, è stato oggetto di un profondo ripensamento che ne ha mutato “la natura” in nome di una diversa concezione che l’apporto del sapere tecnico gioca nella risoluzione delle controversie civilistiche.
È un dato di fatto che la consulenza tecnica si sia trasformata da atto di parte così come delineato dall’art. 253 del codice del 1865 in strumento a disposizione del giudice.
Il giudice, infatti, può ricorrere al CTU ogni qualvolta reputi necessario ai fini della definizione della lite l’acquisizione di conoscenze specifiche che esulano dal sapere comune poiché postulano una particolare competenza tecnica che egli non possiede. Nella concezione fatta propria dal legislatore del 1940, il consulente tecnico vede perciò evolvere la propria condizione in quella di ausiliario di giustizia proprio perché la sua attività è prestata in funzione del superiore interesse della giustizia quale si realizza nel fatto che il giudice possa pronunciare la propria decisione anche in ragione delle conoscenze tecniche specifiche acquisite tramite il consulente.
La consulenza tecnica si mostra così svincolata dalla volontà delle parti risultando affidata al solo apprezzamento del giudice che vi ricorre quando la definizione della contesa al suo esame postuli l’acquisizione di conoscenze specialistiche estranee alla sua scienza ufficiale.
Non è forse inopportuno considerare che l’attività consulenziale è, nella veste ordinaria, un’attività tipicamente interna al processo volta a colmare il deficit conoscitivo che si delinea in capo al giudice in relazione alla materia oggetto di lite.
Una prima e immediata conseguenza di questa osservazione è quella che si traduce nel divieto della cosiddetta “consulenza meramente esplorativa”, non potendosi disporsi infatti la consulenza tecnica al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assunto o, più esattamente, quando la parte tenda per suo tramite a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o a compiere l’indagine alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non debitamente provati.
Sul punto la Cassazione – III Sezione Civile, con la sentenza n. 31886 pubblicata in data 6 dicembre 2019, ha chiarito:<<in virtù del principio dispositivo e dell’operare nel processo civile di preclusioni, assertive ed istruttorie, l’ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può – nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti indagare di ufficio su fatti mai ritualmente allegati da quest’ultime, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova>>.
Ne discende, pertanto, che il consulente non può estendere il raggio delle proprie investigazioni ai cosiddetti “fatti avventizi” ovvero ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi della domanda che non abbiano formato oggetto dell’attività deduttiva delle parti.
Ad oggi, tuttavia, le Sezioni Unite reputano doveroso, tenuto conto delle finalità a cui aspira più in generale lo strumento processuale della consulenza tecnica, qualche precisazione che ne stemperi la richiamata rigidità.
La necessità, infatti, di assicurare l’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. e in coerenza con l’art. 6 CEDU, comporta l’attribuzione di una maggiore rilevanza allo scopo del processo che non è e non può essere rigida applicazione di regole, ma deve mirare a garantire attraverso una pronuncia sul merito della contesa, l’interesse delle parti al conseguimento di una decisione per quanto più è possibile giusta.
Pertanto, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n.6500 pubblicata in data 28 febbraio 2022 è tornata nuovamente ad occuparsi dei poteri e dei limiti del CTU.
La Suprema Corte, superando gli insegnamenti cristallizzati dalla Cassazione – III Sezione Civile con la sentenza n. 31886 pubblicata in data 6 dicembre 2019, delinea i seguenti principi: <<1. in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite il cui accertamento si rende necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti fatti principali rilevabili d’ufficio. 2. In materia di consulenza tecnica d’ufficio il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio. 3. In materia di esame contabile ai sensi dell’art. 198 cod. proc. civ. il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni>>.
Ed infine e per quanto riguarda il regime delle nullità in relazione all’attività svolta dal CTU, le sezioni Unite affermano i seguenti principi:<< 4. In materia di consulenza tecnica d’ufficio, l’accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni, e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, o l’acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso. 5. In materia di consulenza tecnica d’ufficio, l’accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, che il consulente nominato dal giudice accerti nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice viola il principio della domanda ed il principio dispositivo ed è fonte di nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, di motivo di impugnazione da farsi valere ai sensi dell’art. 161 cod. proc. civ.>>.
Da tanto consegue che le Sezioni Unite hanno delineato la corretta dimensione giuridica e processuale dei poteri e i limiti del CTU.