Articolo del Dott. Nicola Iuorno
In tema di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c. opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore “correntista”.
Pertanto, in caso di ripetizione di indebito e in ossequio alle regole generali in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. incombe sull’attore fornire la prova non solo dell’avvenuto pagamento, ma anche della mancanza della causa debendi o del suo successivo venir meno.
L’onere di produrre il contratto di conto corrente, tuttavia, non può gravare sul correntista laddove deduca espressamente la mancata sottoscrizione di pattuizioni scritte ovvero l’assenza del contratto in forma scritta.
In tali casi, infatti, l’onere di provare che le “affermazioni asserenti la carenza di pattuizioni siano infondate” incomberà unicamente sulla banca.
La banca, pur essendo processualmente convenuta in giudizio, è l’unica interessata a provare che l’operatività di talune condizioni praticate, facilmente desumibili dagli estratti conti, abbiano fonte legittima in appositi contratti scritti e sottoscritti da parte del correntista.
Pertanto, fornita la prova mediante gli estratti conti dell’esistenza tra le parti del rapporto di conto corrente, le condizioni praticate dalla banca e dedotta la illegittimità degli addebiti di voci non pattuite, non grava sul correntista l’onere di allegare il documento contenete clausole che si assumono non sottoscritte.
Sul punto, infatti, la Cassazione, con Ordinanza n. 6480/2021 del 9 marzo 2021, ha chiaramente affermato che «è possibile, pure, che la domanda basata sul mancato perfezionamento del contratto nella forma scritta sia contestato dalla banca (che quindi sostenga la valida conclusione, in quella forma, del negozio). E in tale seconda ipotesi non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di darne positivo riscontro».
Nei medesimi termini il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 5613 del 3 giugno 2022, ha chiaramente affermato che «l’onere di dimostrare l’assenza del contratto e la forma scritta dello stesso ricade sulla banca … non potendosi chiedere alla parte attrice di produrre un documento che allega non esistere. Posto quanto sopra, deve quindi rilevarsi che in difetto della prova della convenzione scritta, non può considerarsi legittima la pratica anatocistica seguita dalla banca in mancanza di valida pattuizione, né risulta provata la pattuizione di interessi al tasso convenzionale, con l’effetto che gli stessi vanno determinati in forza del tasso di interesse legale, così come la mancanza di prova di valide pattuizioni quanto alle spese, commissioni, giorni valuta e ius variandi determinano l’espunzione dei relativi addebiti operati sul conto corrente in oggetto».
Può sostenersi, in definitiva, che se il contratto è negato (nel senso che è negato l’esistenza del contratto in forma scritta) la contraria prova della sua esistenza è a carico della parte convenuta (la banca) che intende avvalersene a giustificazione dei pagamenti ricevuti in base a quel titolo.