Articolo degli avvocati Benedetta Mazziotti e Riccardo Paparella
Si segnala un’altra recentissima sentenza del Tar Lazio- Roma, sez. III Ter, 31.03.2022, n.3772/2022, seguita a breve distanza dalla pronuncia confermativa (medesima Corte e Sezione) n.4843 del 21.04.2022, in materia di obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici nelle procedure di pubblici appalti (ex art. 80 comma 5 del d.lgs. 50/2016), che ha il merito di aver enucleato i più recenti arresti giurisprudenziali sul tema e averne delineato più chiaramente il controverso perimetro.
Il RTI ricorrente, rappresentato e difeso dallo studio PVM, impugnava il provvedimento con cui la Stazione appaltante aveva disposto l’aggiudicazione del servizio di vigilanza armata e portierato presso il Centro xxxxx in favore del costituendo raggruppamento controinteressato, denunciando, tra l’altro, l’omessa dichiarazione da parte di quest’ultimo, all’atto dell’istanza di partecipazione alla gara, di numerosi provvedimenti di esclusione disposti a suo carico da altre stazioni appaltanti nell’ambito di distinte procedure di affidamento, omissione che di per sé avrebbe costituito indice della sua inaffidabilità e dunque motivo di esclusione.
Il Tar Lazio, con la prima pronuncia, integralmente richiamata dalla seconda, ha affermato i seguenti principi:
– l’art. 80 comma 5 lett. c-bis) del d.lgs. 50/2016 va inteso alla stregua di “norma di chiusura che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787)”;
– tale interpretazione è da ritenersi prevalente sulla lettura meno rigorosa della norma secondo la quale sarebbero oggetto di dichiarazione necessaria solo le vicende che abbiano dato luogo a iscrizioni nel casellario Anac in quanto non sarebbe ravvisabile un obbligo dichiarativo in merito a fattispecie non tipizzate;
– la stessa è avallata anche dall’ Adunanza Plenaria che, con decisione n. 16 del 28 agosto 2020, che sulla scia dell’orientamento maggioritario ha chiarito che “una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”, e che in ogni caso spetta alla stazione appaltante di stabilire, nel caso concreto, se l’operatore economico “ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità”;
– costituiscono, pertanto, oggetto di obbligo dichiarativo le vicende effettivamente funzionali all’espressione del giudizio di integrità e affidabilità del concorrente, giudizio riservato alla Stazione Appaltante;
– tuttavia, nelle ipotesi in cui il provvedimento espulsivo sia stato adottato “in conseguenza dell’esercizio del potere discrezionale di altra stazione appaltante, nel caso in cui questa abbia negativamente valutato pregresse risoluzioni o altre vicende professionali” sussiste l’obbligo dell’operatore economico di dichiarare i fatti e le vicende che siano state considerate indice della sua inaffidabilità da parte di altra stazione appaltante.
– in definitiva, il provvedimento di esclusione non è oggetto immediato dell’obbligo dichiarativo e va dichiarato soltanto allo scopo di informare la stazione appaltante della vicenda all’esito della quale è stato adottato; infatti “è quest’ultima che la stazione appaltante è tenuta ad apprezzare per dire se il concorrente abbia commesso un “grave illecito professionale”, inteso come comportamento contrario ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, incidente sulla sua affidabilità professionale”.
Con riferimento al caso di specie, il Collegio ha rilevato che l’omessa dichiarazione delle plurime esclusioni indicate in ricorso aveva impedito alla Stazione Appaltante di svolgere le adeguate valutazioni sulla idoneità, o meno, delle stesse a costituire indice d’inaffidabilità dell’operatore economico.
Tale valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo a fronte del principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”).
L’adito Collegio conclude dunque affermando che “Il mancato esercizio dei poteri valutativi della stazione appaltante in ordine alla rilevanza, ai fini della affidabilità dell’operatore economico, delle vicende in forza delle quali i precedenti provvedimenti espulsivi sono stati emanati evidenzia, pertanto, la fondatezza del motivo all’esame con cui si deduce la violazione del più volte citato art.80 comma 5 lett c-bis) del d.lgs. 50/2016, nella parte in cui prevede quale causa di esclusione l’omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, non potendo come detto il Collegio sostituirsi all’amministrazione nella valutazione in argomento, stante il divieto scolpito dall’art. 34 comma 2 del c.p.a.”.
Se dunque non sussiste nelle procedure di pubblici appalti l’obbligo in capo all’operatore economico di dichiarare tutte le eventuali esclusioni riportate in altre procedure di gara, ciò non esime lo stesso dal dover segnalare compiutamente i fatti che hanno generato il giudizio d’inaffidabilità assunto a fondamento dei predetti provvedimenti espulsivi.