Articolo del Dott. Nicola Iuorno
La problematica degli effetti del piano di ammortamento alla “francese” nel contratto di mutuo, oggi, è molto sentita.
Per evitare confusioni e facili elusioni è bene evidenziare, preliminarmente, che il piano di ammortamento alla francese è un tipo particolare di restituzione del capitale ricevuto in prestito.
La caratteristica distintiva di questa tipologia di piano è data dall’ammontare sempre costante della rata che rimane immutata nel tempo.
Ciascuna rata del piano di ammortamento, nello specifico, risulta essere costituita da una quota crescente del capitale da rimborsare e da una quota di interessi che, invece, è sempre decrescente.
Per l’effetto, le prime rate del piano di ammortamento risultano essere costituite da interessi e in minima parte dal capitale da rimborsare mentre, di converso, le ultime rate sono costituite in maggior parte dal capitale da rimborsare e in minima parte dagli interessi.
La composizione della rata, così come sopra descritta, determina una rata costante e chi contrae il finanziamento sa esattamente quale sarà l’importo e il numero delle rate da versare.
La Giurisprudenza, per lungo tempo, ha escluso che il piano di ammortamento alla francese potesse produrre un effetto anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c., dagli art. 3 e 6 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, oltre che dall’art. 120 TUB nell’attuale formulazione.
Sul punto il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17766 del 19 settembre 2019, dichiarava infatti che «… l’opzione per l’ammortamento alla francese non comporta l’applicazione di interessi anatocistici, non si pongono problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo».
La sentenza sopra richiamata, alla luce del mutato orientamento giurisprudenziale, appare superata dai tempi.
In una recentissima pronuncia il Tribunale di Taranto – prima sezione Civile, con sentenza n. 796/2022 pubblicata in data 29 marzo 2022, ha statuito «L’analisi affidata al c.t.u. ha appurato che il piano di ammortamento c.d. “alla francese” è stato calcolato con il regime finanziario della capitalizzazione composta….. In tal caso, l’anatocismo è insito nella formula di “equivalenza finanziaria” propria del calcolo della rata di mutuo, che svela l’applicazione di un tasso annuo effettivo del finanziamento (t.a.e.) diverso da quello nominale ed un sistema di rimborso periodico in cui gli interessi pagati (prima della quota capitale) su ogni rateo vengono “incorporati” nel debito residuo risultante dopo il pagamento di ogni rata… Nell’ammortamento in capitalizzazione composta la quota di interessi compresa in ciascuna rata in scadenza viene conteggiata sul debito residuo “totale”, che include anche la componente in interessi maturata nelle rate precedenti (giuridicamente dovrebbe considerarsi scaduta e pagata). La componente “anatocistica” è la risultante del procedimento di addizione degli interessi al capitale residuo precedente (formato di volta in volta sulla base della formula “capitale residuo precedente – rata di mutuo + interessi = capitale residuo attuale”); ciò comporta che gli interessi determinati per ogni rata, lungi dall’essere calcolati su un debito residuo di puro capitale, vengono computati su un capitale che è anche costituito dagli interessi relativi a tutti i periodi precedenti … Quanto esposto dal c.t.u. dà contezza dell’effetto anatocistico, che ha inciso sulla lievitazione del tasso…. È emerso, dunque, che il sistema di ammortamento della somma presa a mutuo dall’attore nasconde una pratica illegittima, in quanto infrange il divieto di anatocismo di cui all’art.1283 c.c. (non certo derogato dagli usi bancari che, in materia, non hanno fonte di diritto)».
In considerazione di quanto sopra evidenziato, appare chiaro che il piano di ammortamento alla francese viola in concreto il dispositivo dell’art. 1283 c.c. e che il mutuatario non dovrà essere gravato al pagamento delle poste “anatocistiche”, dovendosi addebitare i soli corrispettivi senza operare alcuna capitalizzazione.
Un primo corollario della pronuncia del Tribunale di Taranto è che non porta alla gratuità del mutuo e le poste anatocistiche possono essere rimborsate solo in caso di regolare pagamento del mutuo.
Ulteriore effetto distorsivo dell’ammortamento alla francese si pone con riferimento alla normativa di trasparenza bancaria, atteso che non dichiarando nel contratto il regime di capitalizzazione che governa il piano di ammortamento del prestito, si finisce per negare al mutuatario l’effettiva conoscenza del tasso.
Ne discende che la mancata pattuizione del regime finanziario della capitalizzazione composta determinerebbe una chiara violazione dell’art. 1284, comma 3, c.c. e dell’art. 117 TUB.
Sul punto il Tribunale di Vicenza, con la sentenza n. 170 del 3 febbraio 2022, ha testualmente affermato «Alla nullità della clausola relativa al tasso di interesse consegue, per effetto del meccanismo di eterointegrazione normativa previsto dal comma 7 dell’art. 117 TUB, la sostituzione del tasso ultralegale applicato con il tasso BOT indicato nella predetta norma (Cfr. corte d’Appello di bari del 3.11.2020 n. 1890)… Ne consegue che, nel caso di specie, il piano di rimborso del mutuo a rate costante, ovvero alla c.d. “alla francese”, dovrà essere rielaborato utilizzando il tasso Bot annuale minimo dei dodici mesi precedenti alla conclusione del contratto, adottando il regime della capitalizzazione semplice».
Infine il maggior onere a titolo di interessi riconducibili ad un piano di ammortamento alla “francese”, redatto applicando il regime finanziario della capitalizzazione composta, pone l’ulteriore problema del computo del “costo occulto” nel calcolo del tasso effettivo globale da confrontare con il tasso soglia usurario ai fini della verifica dell’usurarietà dei tassi pattuiti.
Il primo dato dal quale partire è rappresentato dal tenore letterale dell’art. 644 c.p. che, nel definire il confine del tasso usurario, specifica che nella determinazione «si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito».
Il generico riferimento letterale “remunerazione a qualsiasi titolo” è stato successivamente specificato dal decreto legge n. 394 del 29 dicembre 2000 (di interpretazione autentica delle disposizioni in tema di usura) che, nel chiarire il tenore della nuova formulazione normativa, ha precisato che «ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e 1815 c.c., secondo comma, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento» (v. Tribunale di Roma sentenza n. 2188/2021).
Ne discende, pertanto, che rientra all’interno della valutazione dell’usurarietà ogni elemento economico che, direttamente o indirettamente, è comunque collegato all’erogazione del credito posto a carico del mutuatario, con la sola esclusione delle imposte e delle tasse.
Sul punto il Tribunale di Roma, recependo a pieno il principio sopra richiamato, di recente ha deciso che per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Tra i costi, le commissioni e le spese direttamente collegate all’erogazione del finanziamento va incluso anche il cd. “costo occulto” a carico del mutuatario, insito nell’utilizzo del regime di capitalizzazione composta nella redazione del piano di ammortamento (alla francese), pari al differenziale scaturito dal minor importo della rata risultante dall’applicazione del regime di capitalizzazione semplice. Ciò a prescindere dall’accettazione, esplicita o implicita, del regime di capitalizzazione composta degli interessi da parte del mutuatario (v. ex multis Trib. Roma 2188/2021).
Ne discende che accertata l’usurarietà del tasso di interesse concordato nel contratto di finanziamento, va dichiarata ai sensi dell’art. 1815, II comma, c.c. la nullità della clausola di pattuizione degli interessi corrispettivi e la gratuità del finanziamento non essendo dovuto alcun interesse.
Da tento consegue che, attraverso la Giurisprudenza di merito più recente, si stia delineando nella sua corretta dimensione giuridica le diverse criticità derivanti dal piano di ammortamento c.d. “alla francese.