Articolo dell’avvocato Antonio Viggiano
Il 20 gennaio 2022 l’Ufficio Immigrazione della Questura di Napoli comunicava ad una cittadina di nazionalità extra UE, che aveva stipulato un contratto di convivenza con un cittadino italiano, il preavviso di rigetto della richiesta del permesso di soggiorno per coesione familiare con cittadino dell’Unione Europea. La cittadina extra UE, infatti, aveva presentato una richiesta di rilascio di una carta di soggiorno ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 30/2007, in quanto convivente con un cittadino italiano in forza di formale contratto di convivenza, firmato e ritualmente trasmesso a mezzo pec al comune per la sua registrazione. L’iter seguito dalla richiedente la carta di soggiorno trovava il suo fondamento nell’art. 1 co. 36 e ss. della legge n. 76 del 20 maggio 2016 intitolata «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze» che aveva ordinato la materia, prevedendo al comma 50 che «I conviventi di fatto possano disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza». Con le modalità riportate dall’art. 1 co. 52 della menzionata Legge 76, pertanto, il contratto veniva trasmesso al comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’anagrafe, ai sensi degli artt. 5 e 7 del regolamento di cui al decreto della Repubblica 30 maggio 1989 n. 223. L’ufficio anagrafe comunale, tuttavia, aveva respinto la richiesta di registrazione del contratto di convivenza in quanto a suo dire occorreva la preliminare iscrizione anagrafica della straniera, adempimento che presupponeva una carta di soggiorno che a sua volta richiedeva la registrazione del contratto di convivenza.
Secondo l’interpretazione offerta dal comune, la prima ed imprescindibile condizione era il rilascio della carta di soggiorno.
Per ottemperare alle prescrizioni del comune, quindi, la cittadina extra UE presentava la richiesta di rilascio della carta di soggiorno ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 30/2007.
In radicale contrapposizione con le prescrizioni del comune si poneva la nota della questura che preannunciava il diniego della domanda di soggiorno in quanto mancava la registrazione anagrafica, a testimonianza di un evidente corto circuito nell’applicazione della legge da parte di diversi enti pubblici coinvolti.
Dati i fatti, per un’accurata riflessione sulla questione a questo punto è utile un inquadramento normativo della vicenda.
A mente dell’art. 2 D.Lgs. n. 6.2.2007, n. 30 (emanato in attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri)
Sono riconosciuti quali familiari del cittadino dell’Unione:
1) il coniuge;
2) il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;
3) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner;
4) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner.
La Commissione Europea in data 2.7.2009, ricordiamo, ha pubblicato le linee guida della Direttiva n. 2004/38/CE, che ha regolato la materia degli ingressi nell’Unione, in cui è testualmente previsto
<<Il partner con cui un cittadino dell’Unione abbia una relazione de facto stabile e debitamente comprovata rientra nel campo di applicazione dell’articolo 3, par. 2 lett. b). Le persone che basano i propri diritti ai sensi della direttiva sulla condizione di partner stabili possono essere tenute a provare in via documentale che sono partner di un cittadino dell’Unione e che la relazione è stabile. Le prove possono essere presentate con qualsiasi mezzo>>.
Per la legge europea, quindi, il rilascio della carta di soggiorno non può né deve essere negata all’avente diritto ogni qualvolta ricorrano le condizioni de facto per il suo rilascio, non potendosi invocare quale motivo del diniego l’assenza dell’iscrizione nell’anagrafe che, come visto, richiede proprio un valido titolo di soggiorno.
Ebbene, la narrativa che precede testimonia il corto circuito tra le prescrizioni della questura e quelle degli uffici comunali preposti, dal momento che secondo le rispettive interpretazioni l’iscrizione nell’anagrafica del comune può avvenire solo previo rilascio della carta di soggiorno che, a propria volta, presuppone l’iscrizione anagrafica.
Ricordiamo che la Giurisprudenza formatasi sul punto ha sempre riconosciuto il diritto al richiedente il permesso di soggiorno ogni volta che vi fossero le condizioni di una stabile convivenza, ponendo il solo limite delle unioni fittizie e/o di convenienza e che a contrariis, denegare la carta di soggiorno in presenza di un contratto di convivenza costituirebbe un’illegittima ed irragionevole violazione di un diritto pacificamente riconosciuto dalla legislazione europea (Direttiva n. 2004/38/CE) e nazionale (D.Lgs. 30/2007 art. 2, 3 e 10 e Legge 76/2016).
Nella vicenda narrata è accaduto che, dimostrando una non frequente attenzione al tema sollevato dalla straniera extra UE, l’ufficio immigrazioni della Polizia abbia compreso e condiviso le motivazioni addotte dallo studio PVM ed abbia investito l’Avvocatura dello Stato per un formale chiarimento del tema irrisolto del coordinamento delle norme regolatrici della materia.